La Repubblica – Milano – 30 maggio 2016
La sfida è coltivare la passione e modellarci il lavoro
di Franco Bolelli
Se fossi un giovane ragazzo/a,Davide Dattoli lo ascolterei con estrema attenzione (lo ascolto con estrema attenzione anche non essendo più giovane da molto tempo, del resto). Perché se a venticinque anni hai già creato – senza alcun aiuto istituzionale – un progetto tanto visionario quanto pragmatico come Talent Garden, vuol proprio dire che possiedi le chiavi del mondo in vertiginoso mutamento. Bene, il giovane Dattoli ha infuocato i social con un post dove mette il dito nella piaga dell’atteggiamento di tanti giovani che tentano di entrare nel mercato del lavoro. A fare tutta la differenza è – lui dice – la passione: se ti accontenti di un lavoro per cui non provi entusiasmo, allora fai un cattivo servizio a te stesso e all’azienda che ti ha preso. Perché questo – quello di un lavoro dove non ti metti in gioco se non il minimo indispensabile – è un modello che poteva forse andar bene in passato, ma che oggi è sempre più residuale e parassitario. Dattoli propone di istituire nelle scuole un’ora intitolata “come costruire una vita che ti piacerà “: potrebbe apparire una brillante provocazione, credo sarebbe invece la materia delle materie, quella che accrescerebbe il senso di sé’, la soddisfazione personale, il proprio posto nel mondo del lavoro. Coltivare le proprie passioni e su di esse modellare il proprio lavoro: non è soltanto più bello, è più vantaggioso.