La Stampa – 27 maggio 2016
Primi in Europa per le startup: così il digitale genera posti di lavoro
Marco Gay, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, sarà ospite a Torino e Milano in due appuntamenti dedicati all’innovazione: “Le imprese innovative in Italia sono circa 5500 e danno impiego a oltre 23 mila personeâ€
di Angelica D’Errico
Nel Duemila ha lasciato l’azienda di famiglia per entrare nel digitale, quando ancora non si sapeva bene cosa fosse. Marco Gay, torinese, classe 1976, in quindici anni è diventato uno dei maggiori esperti di innovazione del nostro Paese, creando decine di aziende del digitale applicato ai settori più svariati. Dal 2014 è presidente dei giovani imprenditori di Confindustria. Sarà il 27 maggio a Torino al Supernova, festival dell’innovazione e della creatività , e il 28 maggio a Milano al Wired Next Fest, per raccontare il suo sogno di vedere l’Italia «culla dell’innovazione europea».
Marco Gay, come sono andati questi due anni alla guida dei giovani di Confindustria? Â
«Il mio punto di partenza era che i giovani imprenditori dovessero portare un valore aggiunto al dibattito. Bisognava dire basta alla solita lista della spesa: sappiamo che la burocrazia è un problema, che le tasse sono un problema, che il digital divide è un problema. Noi abbiamo ribaltato tutto questo e abbiamo fatto sentire la nostra voce, dando spazio anzitutto ai progetti».
Ad esempio? Â
«Abbiamo cominciato con l’alternanza scuola-lavoro, per portare le idee dei giovanissimi nelle aziende e contaminarci vicendevolmente. Siamo arrivati a Italy Frontiers, che abbiamo creato con le camere di commercio: il primo database nazionale delle startup innovative, dove le aziende trovano nomi e cognomi, settori di appartenenza e di applicazione. Abbiamo follemente bisogno che l’innovazione sia aperta e condivisa».
In che senso? Â
«La grande tradizione dell’impresa deve incontrare la grande capacità innovativa dei giovani: è un binomio che migliora processo e pensiero della manifattura italiana».
Un mix tra vecchio e nuovo. Ce la stiamo facendo?Â
«Diciamo che stiamo muovendo i primi passi. Io sono vicepresidente di Digital Magics, una società che incuba vari progetti innovativi tra cui Talent Garden, piattaforma per i nuovi talenti. Il nostro progetto è sviluppare oltre 100 startup nei prossimi due anni, attraverso l’apertura di 50 campus di co-working, e favorire l’ingresso di nuovi investitori. Ma, e qui torniamo al mandato di Confindustria, non vogliamo fare solo business ma far crescere il Paese».
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Restiamo sulle startup. In che fase di evoluzione sono?
«Non sono più un fenomeno ma una realtà . Guardiamo i numeri: le startup innovative sono circa 5500 e danno lavoro a più di 23 mila addetti. Vanno sostenute in tutti i modi possibili, perché non sono altro che nuova imprenditorialità che valorizza il capitale umano. Non c’è niente di male a dire che i nostri ragazzi, in quanto a creatività , sono bravi. Secondo i dati Censis del 2015, l’Italia è leader europeo nella propensione a fare impresa per gli under 35. Siamo davanti a Germania, Inghilterra, Francia. Per una volta che abbiamo un primato positivo, anzi ottimo, dobbiamo stimolarlo».
A Supernova e al Wired Next Fest lei parlerà di un modello di sviluppo per le startup. Ce n’è bisogno? Â
«Sì. Oggi bisogna investire in capitale di rischio per farle passare dalla fase distart alla fase di up. Solo da lì si può passare alla crescita vera. La percentuale di fiscalizzazione per gli investimenti in capitale di rischio è troppo bassa: solo il 19 per cento per le aziende e il 27 per cento per le startup con scopo sociale. In Spagna sono al 45 per cento, a Londra arrivano fino all’85 per cento. Siamo ancora indietro».
Su Facebook fioccano video di «profeti» che predicano l’autoimprenditorialità e la digitalizzazione. Che ne pensa? Â
«Io sono un assoluto sostenitore della comunicazione digitale. Detto questo, bisogna avere ben chiaro che servono un team, un’idea e un business plan. Ma oggi ci sono tutte le carte e tutti gli strumenti per realizzare il proprio sogno imprenditoriale».
Spesso si sente dire che la tecnologia distrugge i posti di lavoro. Qual è il suo approccio? Â
«Assolutamente costruttivo. Chi crea la tecnologia? L’uomo. E l’uomo ha un grandissimo spirito di conservazione. È chiaro che entra in gioco un tema di competenze: quelle del secolo scorso non vanno più bene, vanno cambiate. Ma noi non vogliamo lasciare indietro nessuno».