Job24.ilsole24ore.com – 31 gennaio 2014.Â
Incubatori – Sotto l’ala dell’«Angel Network» di Digital Magics c’é posto per le migliori idee imprenditoriali italiane legate al web e all’open innovation
di Alessandra dal Monte
L’ultima a unirsi al gruppo, in ordine di tempo, è stata Gate14Group , società di consulenza per la comunicazione, gli investimenti e l’internazionalizzazione con sede a Roma. Ma la rete diDigital Magics , incubatore di startup digitali italianissimo e quotato in Borsa (all’Aim, mercato alternativo del capitale dedicato alle piccole e medie imprese ), comprende oltre cento operatori tra aziende, investitori privati e fondi di investimento istituzionali (per esempio il fondo Atlante seed del Gruppo Intesa Sanpaolo, Banca Sella, Tamburi Investment Partners). Tanti soggetti uniti da un obiettivo comune: sostenere le startup digitali italiane, in tutta Italia. L’Angel Network di Digital Magics – questo il nome del pool – è operativo da settembre 2013. Prima l’incubatore, nato a Milano nel 2008, ha sempre lavorato con le proprie forze. Ma unire le risorse è una strategia vincente, così Digital Magics ha deciso di creare una rete che potesse scovare, selezionare e far emergere le migliori idee imprenditoriali legate al web. In tutta Italia. Ognuno degli «angeli» – in gergo si definiscono così gli operatori che sostengono le startup all’inizio del loro ciclo di vita – fa la sua parte: c’è chi eroga risorse, chi servizi di tutoring, chi spazi, chi esperienza, chi contatti.  La rete di operatori, che per ora ha collaborato con Digital Magics in modo informale, diventerà presto un’associazione vera e propria (si chiamerà Digital Magics Angel Network). Ma oltre a questa novità , il 2013 è stato un anno di svolta per Digital Magics: in luglio c’è stata la quotazione in Borsa e in ottobre il riconoscimento a «incubatore certificato di startup innovative», che gli ha permesso di accedere alle agevolazioni fiscali previste dal Decreto Sviluppo 2.0. E poi c’è stato tutto il processo di scouting delle startup. Digital Magics ha esaminato oltre mille progetti nel 2013, ne ha selezionati cento e alla fine ha scelto di sostenere undici nuove imprese, per un investimento totale di un milione e 350 mila euro.   Ora come ora la disponibilità di cassa dell’incubatore è di 4 milioni di euro. Ma quali sono in concreto le caratteristiche che spingono Digital Magics a interessarsi a un’idea imprenditoriale? «I progetti devono avere modelli di business scalabili e di respiro internazionale – spiega il fondatore e presidente di Digital Magics Enrico Gasperini – ma devono anche essere realizzabili nel nostro mercato, dove avviene la crescita iniziale. I settori del digitale che attirano di più l’interesse sono: servizi per l’export a supporto del made in Italy, media, tecnologia per la finanza, turismo, servizi cloud per le aziende». Due di queste startup sono state co-finanziate dall’Angel network, mentre le altre sono state aiutate dal solo Digital Magics. Inoltre altri due milioni di euro sono stati usati per sostenere lo sviluppo di cinque startup che l’incubatore aveva già preso sotto la sua ala negli anni scorsi.  Non finisce qui: Digital Magics sta puntando molto anche sull’open innovation, cioè su startup che possano generare innovazione nei settori industriali. «Alle aziende che fanno parte del nostro network interessano idee in grado di produrre innovazione nel loro settore o in settori vicini. Il modello del “corporate venture capital” in Italia è ancora all’inizio: negli altri Paesi ogni grande compagnia si appoggia gli incubatori e alle startup per fare innovazione. Da noi la strada è lunga, ma sia le aziende sia gli startupper stanno cominciando a entrare nell’ottica». In generale i segnali positivi non mancano.
Lo scenario è vivace: «Il 2013 è stato un anno molto importante per costruire le basi dell’ ecosistema per le startup italiane – continua Gasperini – C’è stata la legge che le ha definite e che ha stabilito una serie di agevolazioni, c’è sempre più interesse ed entusiasmo. Certo, le cose da fare sono ancora molte. Mancano fondi di venture capital capienti, specialmente per la fase seed, quella iniziale, molto scoperta: cento milioni in un anno secondo i dati del Politecnico di Milano, un’inezia. Anche la fase exit non è sviluppata: sono poche le aziende che comprano le startup più promettenti. Poi, sta nascendo solo ora un segmento tecnologico in Borsa abbastanza sviluppato per accogliere le startup ad alto potenziale e sollecitare l’interesse di fondi specializzati. Ma il nostro percorso, il fatto che un venture incubator tecnologico sia riuscito a quotarsi, dimostra che ci sono speranze. Insomma, sono ottimista».