Corriereinnovazione.corriere.it -Â 16 aprile 2014.
La buona notizia che vogliamo? Non essere più una startup
Cosimo Palmisano e i 22 milioni di dollari appena raccolti negli Stati Uniti, la bicicletta Zehus premiata a Shanghai, una giovane che torna dall’Inghilterra e apre un FabLab. Startupper, incubatori e imprenditori a Milano con Corriere Innovazione
Dall’Italia che ce la fa, all’Italia che va alla conquista del mondo. La scommessa dell’innovazione in un condensato di storie, volti, reti. Che hanno la forza e gli stimoli per guardare alle potenzialità del loro Paese più che ai suoi limiti. Le connessioni di Corriere Innovazione sono esplose dall’edicola al web grazie all’evento trasmesso in diretta streaming dalla Fondazione Catella di Milano in corrispondenza dell’uscita in edicola del primo dorso nazionale della testata che Corriere della Sera dedica a startup, network, territori.
 #Nonsiamounastartup
Il volto sorridente ma concentrato di Cosimo Palmisano, fondatore di Ecce Customer, intervistato da Massimo Sideri dopo l’introduzione di Giuseppe Di Piazza, racconta l’impegno dell’aver raccolto – qualche giorno fa – 22 milioni di dollari di finanziamento per il software collaborativo Decysion. Una storia partita dalla Puglia e da Latina e arrivata negli Stati Uniti. «Sono partito con un’idea in testa e lì ho trovato il mio socio italiano. La buona notizia è che non siamo più una startup ed è ciò che auguro a tutti». Quasi un gioco con il titolo dell’invito di Corriere Innovazione (#siamounastartup) che può diventare auspicio per il Paese. Ma niente da festeggiare, anzi. «I nostri finanziatori ora ci marcano stretto: due controlli a settimana per verificare come stiamo sviluppando il prodotto. E questo è solo l’inizio: l’obiettivo è quello di diventare una billion company».
«Volate alto, conquistate il mondo»
Conquistare il mondo, volare alto. Sono i consigli arrivati a più riprese dai chi ce l’ha già fatta: «Non pensate al guadagno, credete nel vostro progetto – ha detto Francesco Micheli, founder di Fastweb ai giovani startupper -. I soldi saranno un di cui. Ci sono capitali vaganti nel mondo, il problema è attrarli. L’Italia è un Paese con risorse importanti, soprattutto nella ricerca, ma combattiamo con un braccio legato dietro la schiena». Ruggero Frezza professore universitario ha lasciato la sicurezza dell’accademia per fondare l’incubatore M31 e dare il suo contributo al completamento dell’ecosistema. «Quello che consiglio a una startup è di considerare il fatto che si tratta di un lavoro a tempo pieno: bisogna avere il coraggio di visioni importanti, cercare di diventare protagonisti nel mondo». Ancora più esplicito Roberto Magnifico, fondatore dell’incubatore romano Luiss Enlabs, mentor per vocazione: «Quello che facciamo ai giovani è un lavaggio del cervello completo chiedendogli di spogliarsi a zero, tornare neonati: se volete innovare e scalare, vuol dire che volete conquistare il mondo e per fare questo non potete farlo con le vostre categorie mentali precedenti. Dovete assumere la visione del mondo che ha un bambino piccolo, che assorbe come una spugna. Uscite fuori».
Il vero presente del Paese
Ad ascoltare questi consigli, su una piccola tribunetta affacciata sul main stage decine di startupper. «Un condensato di energia – ha detto Cristiano Seganfreddo, direttore scientifico di Corriere Innovazione, presentadoli – che non rappresenta il futuro del Paese ma il suo presente». Ed è un presente vincente. Zehus, ad esempio, è una startup appena tornata dalla Fiera della bici di Shanghai con il titolo di miglior startup innovativa. La sua bicicletta elettrica Bike+ che non ha bisogno di essere mai ricaricata promette di rivoluzionare il mercato: la ruota condensa nel mozzo posteriore tecnologia, batterie e un algoritmo brevettato che permette di ottimizzare i flussi energetici. «In pratica recupera l’energia della pedalata in discesa e durante le frenate». Marco Mari, di LegalPad è di ritorno da un tour di tre settimane negli Stati Uniti dove ha convinto i docenti delle migliori università americane a partecipare al campus We Have The Future che sta organizzando ad H-Farm. «Come ho fatto a convincere Stanford? Ho raccontato il nostro territorio, chiedendogli di accettare la sfida di confrontarsi con la nostra realtà sociale ed economica». Livia Landini, fondatrice del Fablab di Milano, è rientrata in Italia dopo tre anni in Inghilterra. «Volevo portare un contributo al mio Paese e l’ho fatto creando qualcosa che mancava un fabrication laboratory, un’officina di progettazione condivisa che mette i giovani a contatto con le stampanti 3D».
Il problema? Non sono i soldi
Voci, tutte al positivo, di un Paese che ce la fa. E l’introduzione della nuova tassazione sui capitali, può essere un problema per la crescita di questo piccolo ecosistema in deficit di capitali? Secondo Riccardo Donadon, il fondatore di H-Farm, presidente di Italia Startup, no: «Il problema non sono i guadagni che si possono avere dall’investire in startup, il problema è sburocratizzare l’Italia per favorire la creazione di impresa. Se messi nelle giuste condizioni possiamo vincere a man bassa la competizione con Berlino e Londra. Basta che i territori entrino in una logica di competizione, si mettano nelle condizioni di attrarre i talenti. E’ un momento straordinario: questa generazione è la più fortunata in assoluto. Quello che sta succedendo oggi è strepitoso». Orgoglio tutto italiano. Come quello del designer Giulio Iacchetti: «L’Italia esprime il miglior sistema del design al mondo. Non possiamo confrontarci con nessuno se non con noi stessi». Concorda Enrico Gasperini, presidente di Digital Magics, l’incubatore che con Rcs ha appena dato vita a Rcs Nest: «Siamo pieni di eccellenze, ma disorganizzati. Se mettessimo insieme tutti i pezzo saremmo i più bravi al mondo». Un condizionale che ora bisogna trasformare in futuro.