Huffingtonpost.it – 12 maggio 2014
“Flavio Briatore dice startup sono fuffa? Falso: mercato in crescita”. Intervista a Enrico Gasperini, presidente Digital Magics
di Michela Rossetti
“Lasciate stare le pizzerie e aprite una startup. Il digitale offre oggi tantissime opportunità per fare impresa e vale la pena crederci. Parliamo di un mercato che crescerà di 2, 3 punti di Pil nei prossimo anni. I grandi fondi internazionali stanno tornando a investire nel nostro Paese, dovremmo iniziare a farlo anche noiâ€.
A parlare non è Babbo Natale né Alice dal Paese delle Meraviglie, ma chi nelle startup ci ha creduto tanto da farne il proprio mestiere. Enrico Gasperini è il presidente e fondatore di Digital Magics, società che dal 2008 opera come incubatore di startup innovative digitali, occupandosi di trovare finanziamenti e supportare le nuove aziende con servizi amministrativi, strategici e logistici. Gasperini si occupa in pratica di trasformare le idee in business, e con quello che ha detto Flavio Briatore alla Bocconi non è assolutamente d’accordo.
Secondo il patron del Billionaire le startup sono pura “fuffaâ€, meglio aprire una pizzeria che almeno se va male ci si mangia una margherita.
Io spero che fosse una battuta. Ma in realtà la dice lunga sulla mentalità del rischio in Italia. Nel nostro Paese c’è paura d’investire, e la difficoltà di trovare finanziatori è ad oggi la maggiore difficoltà per chi vuol fare impresa. Basti pensare che l’Italia spende in termini di Pil in veinture capital, ossia in finanziamento per l’avvio o la crescita di attività ad elevato potenziale di sviluppo, appena 1/10 della media europea. Eppure, sul digitale oggi ci sono davvero enormi potenzialità . Siamo un Paese in forte ritardo e proprio per questo molto “appetibile†in termini di sviluppo. Siamo in una fase paragonabile a quella del dopo-Guerra, dove tutto è ancora da costruire.
Ai ragazzi della Bocconi Briatore ha detto che solo uno su 100 ce la fa. Terrorismo psicologico o dati reali?
Non voglio illudere nessuno, ma quello che vediamo noi dalla nostra esperienza è una realtà diversa: delle 40 società che abbiamo finanziato negli anni hanno chiuso solo cinque. Quindi per noi il concetto è capovolto: la “mortalità †delle nostre impresa è bassa, con un tasso di successo vicino al 90%.
Quanta voglia di startup c’è oggi in Italia e quanto incide la precarietà e la disoccupazione nell’idea di provare a investire su se stessi?
La crisi incide fino a un certo punto. Ricordo che siamo la patria delle piccole e medie imprese ed è connaturata nel nostro Paese la voglia mettersi in proprio. Noi registriamo una grande effervescenza di persone e di idee. Chi si rivolge a noi sono soprattutto giovani sotto i 30 anni, ma anche molti quarantenni e cinquantenni. La voglia di fare startup è altissima. L’anno scorso abbiamo ricevuto mille progetti, quest’anno prevediamo di raddoppiare la cifra.
Quanti progetti selezionati e con quali criteri?
Delle mille domande che abbiamo ricevuto nel 2013 ne abbiamo approfondite 100, e di queste ne abbiamo finanziate 10; mentre quest’anno arriveremo a 20. Per la scelta delle attività abbiamo una rete di 150 soggetti tra banche, imprese, e fondi d’investimento. Insieme valutiamo l’originalità dell’idea e il team di soggetti che ce la propone, che deve avere tenacia e spirito imprenditoriale. Cosa più importante, poi, consideriamo attentamente la fattibilità del progetto. Quanto sia concretamente realizzabile. Ci sono idee potenzialmente straordinarie ma con poche probabilità di successo che scartiamo. Sicuramente, per fare un esempio, non finanzieremo chi ci propone un algoritmo per un nuovo motore di ricerca alternativo a Google.
Quali sono vostre startup di maggior successo e quali i settori in cui oggi vale la pena mettersi in gioco?
In ordine di tempo c’è sicuramente Ulaola, portale on line che promuove e vende in Italia e all’estero prodotti Made in Italy, con cui recentemente abbiamo firmato un accordo con Confartigianato Imprese. Penso poi a Growish , una sorta di “colletta on line†che serve a raccogliere denaro tra amici sul web e acquistare un regalo di gruppo, come per un matrimonio o un compleanno. Altrettanto bene sta andando un’azienda che si occupa di social advertising, e quelle che lavorano nel crowfunding.
Noi ci occupiamo di digitale e ovviamente questo è il settore in cui io consiglierei di muoversi. Penso, appunto, alle enormi potenzialità del crowfunding; al travel tech, il settore del turismo che al momento abbiamo lasciato in mano a piattaforme di intermediazione straniere. E molto interessante è il settore della domotica, il cosiddetto “internet of thingsâ€, molto in linea con le nostre capacità imprenditoriali. Ci sono davvero diversi settori dove potersi muovere.
Sembra molto ottimista, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale.Â
Il problema del nostro Paese è che siamo fondamentalmente disorganizzati. Manca una rete di dialogo tra i giovani, le banche, i ricercatori. Ma passi in avanti se ne stanno facendo anche grazie a una maggiore sensibilità politica. Due anni fa con il decreto Sviluppo del governo Monti si è aperta una buona strada: oggi per chi avvia una startup ci sono agevolazioni fiscali, si opera in deroga alla legge Fornero permettendo di avere più contratti di collaborazione. Ci sono norme in grado di aiutare concretamente.
Detto questo, siamo ben lontani dalla Silicon Valley: c’è una grande difficoltà a trovare finanziamenti. E il mercato è piccolo e non c’è spazio per tutti. Difficilmente realizzeremo in Italia aziende globali, un Facebook all’italiana per capirci. Ma c’è un mercato europeo e domestico che chiede idee e innovazioni. O ce ne accorgiamo e investiamo, o saremmo colonizzati da “bestie†straniere. Le pizzerie lasciamole a Briatore, noi proviamo a fare business dove ne vale la pena.