Corriere Innovazione di Corriere della Sera – C’è un Garden di talenti dove nascono startup

Corriere Innovazione di Corriere della Sera – 11 giugno 2015

C’è un Garden di talenti dove nascono startup

Dopo Brescia e Milano, l’idea degli spazi collettivi approda a New York e Barcellona Campus e scuola In ottobre partiranno corsi per web developer e tecnologie dell’educazione

di Alessandra Dal Monte

Quattordici sedi, 600 «talenti» ospitati e 150 startup accolte. Ma non solo: un accordo con un incubatore (Digital Magics) e un fondo di investimento (Tamburi investment partners) per offrire più possibilità di crescita alle giovani aziende. E una «scuola di innovazione» in partenza il prossimo ottobre. I numeri (e i progetti) riassumono bene il successo di «Talent Garden», la rete di spazi di coworking nata nel 2011 a Brescia dall’idea di un ragazzo poco più che ventenne e oggi diffusa in nove città italiane e cinque straniere. Un caso da manuale di come una buona intuizione possa crescere grazie alla forza del network. Ma facciamo un passo indietro: Brescia, estate 2011. Il ventunenne Davide Dattoli, studente di Economia all’università Liuc di Castellanza e già fondatore di un’agenzia di comunicazione digitale, decide di creare uno spazio in cui poter andare a lavorare insieme ad altre persone. «A Brescia mancava un luogo in cui scambiarsi idee e creare collaborazioni», racconta. Insieme all’amico Lorenzo Maternini, allora 27 anni, inizia a chiedere l’aiuto di diverse istituzioni cittadine. Alla fine trova una sponda nell’Editoriale Bresciana, la società che pubblica il Giornale di Brescia . Il «Talent garden» numero zero nasce nel dicembre 2011: una grande stanza aperta sette giorni su sette, 24 ore su 24, in cui fin da subito si riuniscono professionisti, startupper, giornalisti, free lance, giovani imprenditori. Nell’arco di sei mesi lo spazio diventa famoso a livello nazionale: la stampa parla di un centro di aggregazione, un polo di innovazione, un think tank che dal basso produce idee. E così, pian piano, ad altri viene in mente di replicare il format in città diverse, senza però «rubare» l’idea. I nuovi spazi si chiamano sempre «Talent garden» e i vari fondatori si associano in una rete. Il secondo spazio nasce a Bergamo, seguono Padova, Milano, Pisa, Torino, Cosenza, Genova e Pordenone in Italia. Poi New York, Barcellona,Tirana, Kaunas (Lituania) e Differdange (Lussemburgo). Un network che facilita la mobilità degli ospiti e che arricchisce la loro esperienza. Per funzionare, però, i «Talent garden» seguono regole ben precise: «Sono organizzati come dei club. Vi si può entrare su invito di un membro, oppure facendo una richiesta che deve essere approvata da tutti i membri. È questo che ci differenzia dagli altri spazi di coworking – spiega Davide Dattoli -. Una selezione basata sull’empatia reciproca, perché solo così nascono reti e collaborazioni. E poi la specializzazione: accettiamo solo ospiti che si occupino di innovazione digitale». Il mondo dei «Tag» (questo l’acronimo con cui vengono chiamati i «Talent garden», ndr ) ha anche un suo linguaggio specifico: ogni spazio si chiama «campus», e più che «coworking» viene definito «passion working space». «Il nostro obiettivo – precisa Dattoli – non è solo ospitare nella stessa stanza un gruppo di persone che lavorano a progetti diversi, ma creare dei veri e propri poli dell’innovazione. Per questo dentro a ogni Talent garden ci sono i rappresentanti di Digital Magics e di Tamburi investment partners, per questo quando apre un nuovo spazio cerchiamo di avere tra i fondatori tanto i protagonisti locali dell’innovazione quanto gli imprenditori tradizionali. Vogliamo connettere le startup alle imprese classiche per contaminare il territorio. In una frase: il coworking non è il nostro scopo, ma il mezzo per aggregare energie positive». Modello Silicon Valley, insomma. Che sembra pure funzionare, se consideriamo che le più importanti «exit» italiane (le acquisizioni di startup da parte di grandi aziende, ndr ) hanno riguardato idee sviluppate all’interno dei «Talent garden»: un primo esempio è Restopolis, startup per prenotare i ristoranti online acquisita da TripAdvisor per creare The Fork. Un altro è Cibando, piattaforma simile inglobata dall’azienda indiana Zomato. Un’altra grossa fetta dell’attività dei «Talent garden» sono gli eventi: 350 quelli organizzati nell’ultimo anno, con personalità di spicco del mondo dell’innovazione. Da Ibm a Google, dai social media manager agli ideatori delle campagne di comunicazione di Obama, i relatori degli incontri sono sempre i massimi esperti di un segmento specifico. Anche il bilancio promette bene: nel 2014 la rete dei Tag ha fatturato oltre 2,5 milioni di euro (la quota per diventare ospiti è di 250 euro al mese). Ma uno dei progetti di cui Davide Dattoli è più fiero è la «Innovation school» che partirà a Milano in ottobre: si comincia con un corso di 12 settimane per diventare web developer, sviluppato secondo il metodo anglosassone del tempo pieno con successivo stage retribuito di sei mesi. Si chiamerà «CodeMaster», costerà 6.700 euro, sarà aperto a 20 allievi, prevederà cinque borse di studio a copertura totale e mille euro di sconto sulla retta per le donne che decideranno di iscriversi. «In seguito partiranno anche corsi di tecnologia applicata all’educazione e alla finanza – annuncia Dattoli -. Il Fintech e l’Edutech sono le professioni del futuro. Noi vogliamo essere uno dei primi centri in Italia a insegnarle».

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