ItaliaOggi7 – Torna il baratto e diventa 2.0

ItaliaOggi7 – 27 luglio 2015

Torna il baratto e diventa 2.0

La stretta sul credito traina le piattaforme online per lo scambio di beni e servizi.

Con il credit crunch che non accenna a diminuire, nonostante gli sforzi messi in atto dalla Bce per immettere liquidità nel sistema, il vecchio baratto sta tornando di moda. Grazie anche alle nuove opportunità offerte dalle tecnologie. Sul Web vi sono diverse piattaforme che consentono agli iscritti, dietro pagamento di un abbonamento annuale, di scambiare beni e servizi senza pagamento. Chi vende non è obbligato ad accettare la merce dell’acquirente, ma può comprare ciò che gli serve presso altri fornitori del network grazie alla presenza di una moneta complementare. Esistono diverse tipologie di servizi. Barteridea.com è una delle ultime nate. Le aziende pagano i propri acquisti mettendo a disposizione degli altri aderenti al circuito altrettanto controvalore dei propri prodotti o servizi e a monte vi è un sistema di compensazioni dei debiti e dei crediti, che non devono essere necessariamente contemporanee. Una logica simile anima Cambiomerci.com, che nelle scorse settimane ha fondato l’Associazione italiana dei circuiti di mutuo credito (Amc), con l’obiettivo di promuovere nuovi servizi di welfare per i Comuni. Un modo per coinvolgere anche gli enti pubblici, alle prese con il taglio dei trasferimenti statali, nel circuito di compensazione multilaterale a rispondenza fiduciaria. Uno dei pionieri del settore BexB.it, che conta 3mila aziende associate e transazioni per 23,9 milioni di euro. Dalla Sardegna la moneta di comunità. Non solo online. In Sardegna ha preso piede da tempo il Sardex, circuito che permette alle imprese e professionisti di finanziarsi reciprocamente, senza interessi, facendo leva sul potenziale produttivo inespresso, ovvero su quella parte di produzione che il mercato euro non è in grado di assorbire per via della contrazione dei consumi legata alla mancanza di liquidità. Il valore convenzionale del Sardex è 1 euro, ma non è trasformabile in valuta corrente. Attualmente il network è composto da oltre 2.700 imprese di differenti settori e dimensioni, che sviluppano un volume di transazioni superiore ai 4,5 milioni di euro mensili. «Contiamo di chiudere il 2015 con un transato di 60 milioni di euro, circa il doppio di quello registrato nel 2014», racconta Carlo Mancosu, tra gli ideatori dell’iniziativa. «A partire dal 2013 abbiamo sviluppato il programma B2E (business to employee, ndr) che consente ad amministratori, soci, dipendenti e collaboratori delle imprese iscritte di aprire un proprio conto personale all’interno del circuito attraverso cui ricevere dalle proprie aziende bonus, benefi t e anticipazioni sulle retribuzioni future direttamente sul proprio conto Sardex. Ad oggi sono circa 1.300 i conti aperti con una spesa media mensile di 258 euro». Il Sardex agisce positivamente su quella che Keynes chiamava propensione marginale al consumo. All’interno del circuito, non esistendo premi di tesaurizzazione e di conseguenza propensione marginale al risparmio, tutta la parte di reddito aggiuntivo derivante dall’operatività nella rete viene utilizzata per i consumi nel caso delle persone fi siche, per l’acquisto dei fattori di produzione e per gli investimenti nel caso delle imprese. Lo scorso anno, in collaborazione con gruppi di imprenditori locali, il network ha avviato altri sette circuiti, costruiti sul modello di Sardex, operanti su altrettante regioni della Penisola. I limiti. Le monete complementari presentano comunque diversi limiti. In primo luogo sono utilizzabili solo all’interno del circuito (quindi tra gli aderenti e non verso terzi) e la loro accettazione non può essere imposta, come invece avviene con il denaro. Così, se un aderente si trova ad avere un eccesso di nuova valuta, non può passare all’incasso in euro e viene a trovarsi con liquidità bloccata. Pertanto, il successo di questi sistemi di baratto 2.0 è legato alla fi ducia degli aderenti verso chi è garante di questo sistema e al funzionamento dei meccanismi di compensazione. Inoltre, è bene informarsi sui costi del servizio, da quelli necessari per aderire al circuito agli eventuali canoni periodici, fi no alle commissioni previste per ciascuna transazione.

I pro: operazioni in tempi record…

«A favore delle piattaforme di baratto online gioca la velocità con la quale si possono concludere le operazioni », spiega Giampiero Guarnerio, partner responsabile area tax dello studio Rödl & Partner. «Inoltre, rispetto al baratto tradizionale, dove è difficile poter concludere scambi equilibrati sotto il profilo del valore, in questo caso vi è una moneta di scambio a rendere più facile l’incontro tra domanda e offerta». Così questi servizi possono risultare utili tanto ai privati quanto alle imprese, queste ultime soprattutto se si trovano in situazioni particolari (stock invenduti, cambi merce). «Tuttavia», precisa, «è difficile che per le imprese possa essere un effettivo canale di vendita ordinario, stante la necessità di monetizzare le vendite». Quanto alla fiscalità delle operazioni, Guarnerio precisa: «Se si opera come imprenditori, si tratta di vendite a distanza o per corrispondenza, che seguono le regole ordinarie: se la fattura non viene richiesta dalla controparte, la vendita va registrata soltanto tra i corrispettivi». Quanto all’applicazione dell’Iva, «si applica quella italiana se l’acquirente è del nostro Paese, mentre se la merce viene esportata fuori dall’Unione europea, l’Iva non si applica. Infine, se la merce viene venduta a un acquirente non imprenditore residente in altro paese dell’Unione, si applica l’Iva italiana se le vendite effettuate in quel paese sono inferiori nell’anno a 100 mila euro, quella del Paese di destinazione se il fatturato supera questa soglia».

…e i contro: soluzioni poco esportabili

Le opportunità non mancano, ma occorre prestare attenzione alle caratteristiche di ciascun servizio, saggiandone pro e contro. È la raccomandazione che arriva da Marco Giorgino, ordinario di fi nanza al Mip- Politecnico di Milano Graduate School of business. Domanda: Professore, che idee si è fatto delle valute complementari? Risposta: Questa denominazione comprende una gamma molto eterogenea di soluzioni. Si passa dalle valute locali, quali il Wir svizzero, al bitcoin alle transazioni basate sulla sharing economy come la Banca del Tempo. Le valute locali e il bitcoin, seppur diverse nel funzionamento, sono soluzioni ancorate al concetto di moneta e devono trovare un corrispettivo nel denaro uffi ciale. Al contrario, la Banca del Tempo è un meccanismo la cui unità di misura non è il denaro bensì il tempo per svolgere o ricevere un servizio. D. Si tratta di soluzioni esportabili su larga scala o destinata a restare di nicchia? R. La scalabilità della soluzione dipende ancora una volta dal tipo di valuta complementare considerata. Le monete locali sono, per loro natura, scambiabili in un’area geografi ca limitata. Nascono per favorire lo scambio di beni e servizi di una particolare zona e non sono riconosciute al di fuori di quegli stessi confi ni geografi ci. Sebbene sia una soluzione attualmente presente in diverse parti del mondo, rimane destinata agli scambi entro una particolare comunità o rete sociale. D. E il bitcoin? R. Questo nasce per essere una valuta elettronica globale, non controllata a livello centrale. Sebbene sia un meccanismo adeguato a essere «esportato» (quasi tutti i paesi europei e del nord America non hanno particolari restrizioni rispetto all’utilizzo di bitcoin), a oggi l’economia basata sui bitcoin è limitata e soggetta a oscillazioni consistenti. La Banca del Tempo è una soluzione esportabile ma, al contrario delle valute complementari ancorate al denaro, permette lo scambio di soli servizi e conoscenze e non di beni materiali. Lo scambio di beni materiali è diffuso invece nei circuiti Barter. D. Quali i problemi legali che potrebbero sorgere? R. Probabilmente le tutele verso i consumatori che sono presenti nei sistemi di scambio tradizionali. D. Possono essere una risposta al credit crunch? R. Le valute complementari ancorate al denaro non sono per loro natura una soluzione al credit crunch. Infatti, la scarsa liquidità nel circuito tradizionale non può essere risolta da valute che, sebbene non tradizionali, si agganciano alla denaro uffi ciale. Anche la Banca del Tempo è difficilmente una risposta al credit crunch in quanto sarebbe necessario assumere che una minore disponibilità monetaria si accompagna a una maggiore disponibilità di tempo. Inoltre, a oggi, è difficile trovare nel tempo una contropartita adeguata allo scambio di beni o alle transazioni finanziarie. Sebbene la Banca del Tempo non sia per sua natura una risposta al credit crunch, può essere una leva importante per innestare nuovi meccanismi di scambio e, perché no, di solidarietà.

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