Panorama – Ti piaccio? Applichiamo

Panorama – 19 agosto 2015

Ti piaccio? Applichiamo

di Guido Castellano e Antonella Piperno

Già la chiamano «tinderite». Una dipendenza alla quale resistere è complicato, visto che a portata di smartphone ci sono visi e corpi da scegliere o scartare, successivi ammiccamenti e appuntamenti nel raggio di pochi chilometri, grazie alla geolocalizzazione. In fretta, senza passare per paleolitici convenevoli o giurassici inviti a cena. E neanche per i tradizionali siti d’incontri dove, con più tempo e pazienza e davanti a un computer si va in cerca dell’anima gemella. Qui si clicca, si flirta e, volendo, si finisce subito a letto. Protagoniste da una parte le app per il «dating», appuntamenti più erotici che sentimentali, dalla primatista Tinder ad altre colleghe specializzate (vedi schede a pagina 52 ). Dall’altra 90 milioni di uomini e donne nel mondo censiti da GlobalWebIndex, tre milioni dei quali in Italia, in cerca di avventure e sesso disimpegnato: tanto che negli Stati Uniti, dove Tinder è nata tre anni fa, e tra i cui iscritti è spuntato perfino Leonardo DiCaprio, le donne sono poco elegantemente ribattezzate «tinderslut» ragazze facili a fare sesso, con relativo hashtag che spopola su Twitter. Dopo aver conquistato gli Usa e il Regno Unito, le app per fare sesso stanno invadendo i nostri confini: con un esercito in crescita (le truppe più agguerrite sono a Milano, seguita da Roma) e spiagge più popolate ormai di gente che sotto l’ombrellone seleziona prede sullo smartphone, piuttosto che di tartarughe maschili o lati B in tanga a caccia di partner al campo di beach volley. Happn, la app dove mettersi in cerca del profilo virtuale di chi ci ha folgorato al bar o in discoteca (dichiara circa 200 mila iscritti che in estate fanno impennare dell’81 per cento gli incroci vincenti tra partner potenziali) ha fornito la mappa delle spiagge più connesse: la più popolata è Gallipoli, seguita da Santa Margherita Ligure, Otranto, Alassio, Riccione, Porto Rotondo, Milano Marittima e Forte del Marmi. «Il fenomeno più vistoso è però quello di Tinder, che l’estate scorsa in Italia registrava circa 6 mila iscritti e oggi tocca i 250 mila, cifra al ribasso visto che Audiweb non conteggia gli under 18» spiega Pietro Sansone, presidente di LiveXtension, agenzia di marketing che ha elaborato i dati Audiweb sugli utenti delle app. Sansone è convinto che tanta febbre sia provocata anche «dalla rapidità e dall’intuitività» del giochino. Malati di tecnologia applicata al sesso? No. Tinder, insidiata da qualche escort, è popolata da professionisti, studenti, impiegati, gente comune insomma, come ha verificato Panorama provandola sul campo. In linea con il resto del mondo, dove l’app è arrivata a oltre oltre 50 milioni di iscritti, solo il 54 per cento dei quali single, per i quali sono spuntate anche pubblicazioni e siti dedicati come Tinder for experts e TinderAdvisor, entrambe a cura dell’esperto americano che si fa chiamare «White Panda». Intanto GlobalWebIndex ha dato vita anche a un’accurata radiografia dei giochi da rimorchio: sulle app si passa più tempo, 90 minuti al giorno, che su Facebook (40 minuti), collegandosi circa 11 volte al giorno. Le più accurate nella selezione sono le donne: otto minuti e mezzo a sessione, mentre ai maschi, che rappresentano i due terzi degli utilizzatori, per vagliare le prede ne bastano sette. Un’operazione soprattutto serale, normalmente dopo le 22. La fascia d’età più rappresentata (il 22 per cento) è quella dai 25 ai 34 anni, anche se chi è più agée non si tira certo indietro: i 35-44enni sono il 17 per cento, più dei 18-24enni che in totale sono il 10 per cento. Ma perché cercarsi un partner su una app anziché in spiaggia o in discoteca? «Perché soddisfa l’esigenza di immediatezza e consente di conoscere qualcuno senza esporsi al rifiuto, ciò che più terrorizza chi è in cerca di un partner. L’insuccesso virtuale è molto più semplice da metabolizzare» analizza Umberta Telfener, psicoterapeuta esperta di tematiche sentimentali, convinta che le app abbiano successo anche come test di autostima, una caccia disimpegnata con la quale si testa il proprio fascino: «Si buttano gli ami virtuali, gratificati dall’idea che qualcuno prima o poi abboccherà». Un gioco più o meno hard, considerando che alla fine non tutti tirano su la lenza: un terzo di chi gioca con le app resta nel virtuale, evitando gli incontri.

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