Tiscali.it – Ulaola: l’export italiano cambia pelle e diventa 2.0

Tiscali.it – 4 luglio 2013.

http://notizie.tiscali.it/articoli/interviste/13/07/intervista_startup_ulaola.html

Ulaola: l’export italiano cambia pelle e diventa 2.0

di Michael Pontrelli

L’Italia sta attraversando la peggiore crisi economica dal dopoguerra. Per rilanciare la crescita l’export può giocare un ruolo molto importante. Ma per esportare con successo il made in Italy nel nuovo contesto internazionale è necessario imparare ad utilizzare le più recenti tecnologie e le nuove forme di comunicazione. Chi sta provando a farlo è Ulaola, innovativa startup milanese che punta ad accompagnare i produttori italiani alla conquista del principale mercato europeo: la Germania. Abbiamo sentito Pietro Masi, cofondatore e amministratore delegato della società.

Cosa è Ulaola? 
“E’ un marketplace che si rivolge ai settore del vintage, della moda, del design, dell’arte e a breve anche del food, che permette agli artigiani, ai creativi e ai produttori di poter aprire un negozio online e usufruire dei nostri servizi”.

Quali sono questi servizi? 
“Sono diversi. Si va dal supporto alla presentazione dell’offerta commerciale alla gestione della logistica e degli ordini di pagamento”.

Tradotto concretamente? 
“Aiutiamo il produttore a scrivere le schede commerciali anche in tedesco e in inglese, facciamo il book fotografico dei prodotti, facciamo promozione attraverso la nostra piattaforma e quando si concretizza una vendita ci occupiamo del ritiro del prodotto a casa del venditore, della consegna all’acquirente e dell’incasso del pagamento che ovviamente giriamo al produttore trattenendo una piccola fee commerciale”.

Mi sembra di capire che sia un servizio chiavi in mano. Chi produce di fatto esternalizza il processo commerciale e deve preoccuparsi solo degli aspetti creativi e produttivi.
“Esatto. Bisogna però precisare che la tipologia dei servizi forniti dipende dal tipo di abbonamento scelto. Il nostro modello di business oltre alle fee sulle vendite effettuate prevede infatti il pagamento di un canone annuale per l’accesso alla piattaforma che è modulato su tre distinte offerte in funzione dei servizi erogati. Il costo dell’abbonamento base è di 250 euro l’anno”.

Quale è il vostro mercato di riferimento?
“Siamo partiti dall’Italia ma in questo momento il mercato sui cui stiamo concentrando i nostri sforzi è quello tedesco. A settembre sarà operativa la nostra sede di Berlino che ci consentirà di avere una presenza fisica in Germania”.

Quanti sono i venditori già ospitati nella vostra piattaforma?
“In questo momento sono oltre 200 e siamo in trattative con molto altri”.

Quando è partito il progetto?
“Abbiamo iniziato la nostra attività nei primi mesi del 2012 con un modello di business molto diverso. Poi abbiamo avviato una partnership con l’incubatore Digital Magics che ci ha aiutato tantissimo ad individuare il modello di business definitivo e a rinnovare la nostra piattaforma tecnologica”.

Digital Magics che ora è entrata nella vostra compagine azionaria.
“Esatto”.

Come è nata Ulaola? 
“Siamo un esempio di quello che si definisce un seed friends & family. Siamo partiti in due, io e la mia socia Ermanna Colombini, con gli aiuti della famiglia e degli amici che hanno creduto nel progetto e hanno investito. Ermanna ha seguito la parte di prodotto ed io quella tecnologica”.Oggi quante persone lavorano nell’iniziativa? 
“Siamo in 8 più diversi freelance esterni”.Quali sono le forme contrattuali di lavoro utilizzate?
“Una parte a tempo determinato e una parte a progetto”.

Avete in programma un aumento dell’organico?

“Si. In Italia abbiamo intenzione di allargare la parte tecnica perché gli sviluppi sono sempre più onerosi anche in ottica mobile. In Germania invece potenzieremo il team di supporto alla vendita che avrà al suo interno un community manager e risorse di customer care e marketing”.Nel vostro modello di business, mi sembra di capire, gli aspetti fondamentali sono due: il reclutamento dei seller e la promozione commerciale. Come pensate di gestire questo secondo aspetto, in particolare con riferimento al mercato tedesco? 
“La nostra strategia di comunicazione si baserà su tre canali: lavorare con gli affiliation program, con Adwords e quando integreremo il food con la creazione di temporary shop e di punti di degustazione dove poter far provare e toccare con mano all’estero i nostri prodotti”.

L’online non è sufficiente per comunicare efficacemente il made in Italy?
“Assolutamente no. E’ necessario anche farlo vedere e farlo toccare perché solo in questo modo gli acquirenti stranieri possono davvero comprendere come i nostri prodotti siano fatti bene e quanto siano belli”.

Questi temporary shop dove saranno organizzati?
“Partiremo da Berlino per procedere successivamente a presidiare tutte le principali città tedesche e le fiere settoriali”.

Quando pensate di andare a break even?
“Fra due anni”.

Fare una startup tecnologica è davvero così duro come si dice?
“Si. Purtroppo è durissimo e complicato perché ci sono 1000 difficoltà”

Quali sono le più grosse?
“Sono talmente tante che non saprei sceglierne solo un paio. Quello che posso dire però è quello che ci ha aiutato a superarle: la capacità di essere sempre estremamente flessibili ovvero la capacità di modificare la propria idea di business quando questa incontra il mercato e si incominciano a raccogliere i primi feedback”.

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