Il Sole 24 Ore – 23 dicembre 2013.
NUOVE FRONTIERE SUL WEB
E adesso è anche possibile utilizzare il «social lending»
È una forma di prestito che avviene su piattaforme online senza intermediari
di Gaia Giorgio Fedi
Anche per i prestiti personali si fa strada un sistema di accesso al credito senza rivolgersi ai canali tradizionali, rappresentati da banche e società finanziarie: si tratta del social lending (prestito sociale), anche definito prestito peer-to-peer, cioè prestito tra pari. In questa forma di prestito, che rientra tra quelli “non finalizzati”, cioè non legati all’acquisto di un particolare bene, l’incontro tra prestatori e richiedenti avviene su piattaforme online, senza alcuna forma di intermediazione da parte degli istituti bancari. In Italia esistono due piattaforme di social lending, con caratteristiche diverse: una è Prestiamoci, che ha una formula più vicina all’equity crowdfunding, perché chi chiede il finanziamento deve presentare un proprio progetto, l’altra è Smartika, che è nata dalle ceneri di un’altra piattaforma (Zopa)chiusa anni fa perché non aveva i requisiti richiesti per le attività finanziarie.In Italia su questo settore «non esiste regolamentazione specifica, perché non ci sono né leggi né regolamenti che sono stati adottati con questa finalità », spiega Umberto
Piattelli,partner responsabile dell’area servizi finanziari di Osborne Clarke. Diversamente da quanto accade, per esempio, in Francia e in Inghilterra «dove l’autorità regolamentare ha deciso di adottare una specifica regolamentazione anche per questo tipo di crowdfunding. Le piattaforme che operano in Italia in questo momento- prosegue  Piattelli – e che eseguono operazioni di prestito peer to peer hanno quindi dovuto affrontare le problematiche connesse all’applicazione del Testo unico bancario(richiedendo e ottenendo le autorizzazioni previste per operare), anche a seguito dell’intervento della Banca d’Italia nei confronti delle prime piattaforme che avevano cominciato a operare in Italia negli anni
2008 e 2009». Proprio questa “barriera all’ingresso”, unita a una conoscenza dello strumento ancora modesta, finora ha reso il social lending uno strumento di nicchia. «È un fenomeno ancora nuovo, che fa fatica a decollare perché per operare sono richieste autorizzazioni, costi e capitale elevato», osserva Marco Bicocchi Pichi, consigliere di Italia Startup (l’associazione che sostiene il mondo delle startup). Inoltre, prosegue Bicocchi Pichi, «il settore è complesso perché il social lending richiede uno screening molto elevato
delle domande di finanziamento, per tenere bassi i livelli di crediti inesigibili».Un’attività  costosa, che quindi non consente di ottenere dei margini soddisfacenti fintanto che non si raggiunge un livello elevato di prestiti concessi. Soprattutto perché «stiamo attraversando una fase di crisi del credito e nessuno strumento ne è esente». Male prospettive comunque appaiono rosee, secondo Bicocchi Pichi. Ed è ottimista anche Mariano Carozzi, fondatore di Prestiamoci. Da quando è nata la piattaforma, in tre anni Prestiamoci ha erogato poco meno di due milioni di euro, attirando 400 investitori. Va tenuto presente che i finanziamenti non hanno importi molto elevati, «non paghiamo
più di 25mila € per singolo progetto», precisa Carozzi.«Per ora lo strumento è ancora poco diffuso, soprattutto per limiti culturali, ma ci sono buone chance di crescita.
Anche perché conviene, grazie a un vantaggio strutturale di tasso». In media ripagare il prestito costa il 2% in meno rispetto al normale credito al consumo e anche le spese di
istruttoria della pratica sono più basse. «Per il futuro prevedo che una buona parte dei prestiti si sposterà sui canali online», conclude Carozzi.