ItaliaOggi7 – Fare impresa resta un’impresa

ItaliaOggi7 – 2 marzo 2015

Fare impresa resta un’impresa

Le normative adottate dal 2012 in avanti costituiscono un incentivo importante a lanciare nuove imprese, considerate per altro le difficoltà occupazionali che persistono nel nostro Paese. Tuttavia le difficoltà del fare impresa in Italia non possono risparmiare i nuovi imprenditori. «Dopo il decreto legge n. 179/2012, convertito nella legge n. 221/2012, ci sono stati nuovi interventi normativi per identificare le imprese che possono rientrare nella qualifica di start-up innovative», ricorda Giovanna Bagnardi, partner dello studio De Berti Jacchia Franchini Forlani. Per Bagnardi questo non signifi ca che è diventato automaticamente più facile costituire una start-up, ma di certo è stata ampliato il bacino delle società che possono beneficiare della normativa di favore. «Tra le facilitazioni introdotte, va menzionato l’abbattimento degli oneri per l’avvio dell’impresa, con l’esonero dal pagamento dell’imposta da bollo e dei diritti di segreteria dovuti per gli adempimenti relativi all’iscrizione al Registro delle imprese, nonché dal pagamento del diritto annuale dovuto in favore delle Camere di commercio». Inoltre sono previste agevolazioni fiscali per i soggetti che investono nelle start-up, dato che fi no al 2016 «dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche viene detratto un importo pari al 19% della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più start-up innovative direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in start-up innovative ». Senza dimenticare che la start-up innovativa può assumere personale con contratti a tempo determinato della durata minima di sei mesi e massima di 36. «All’interno di questo ambito temporale, i contratti possono essere anche di breve durata e rinnovati più volte». Per Andrea Rangone, direttore degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, la legislazione degli ultimi anni ha prodotto benefici in due ambiti: «Innanzitutto di immagine: da quando la politica si è interessata, si sono accessi i riflettori di media, imprenditori, studenti e docenti sul mondo start-up, dopo un oblio di anni», spiega. «Va poi considerato il valore reale di sostegno alla nuova impresa, riducendo i costi di avvio, agevolando il lavoro, consentendo lo scudo fiscale. Resta però la difficoltà generale del «fare impresa» in Italia, legato ai tempi di autorizzazioni, il regime fiscale e contabile troppo ostile, la burocrazia complicata. Rangone auspica una riforma complessiva dello Stato perché risulti più attento all’imprenditorialità: «Chi decide di creare start-up a Londra o Berlino, non guarda solo le agevolazioni, ma il contesto diverso nel fare impresa che trova in questi Paesi». Sul versante finanziario, è necessario un intervento pubblico, «per esempio della Cdp, in modo da catalizzare importanti investimenti privati», conclude. Enrico Gasperini, fondatore e ceo di Digital Magics (venture incubator certificato di start-up innovative digitali), sottolinea che le norme degli ultimi anni rendono più agevole il lancio di una start-up: «Stiamo mettendo le basi per creare l’ecosistema del venture capital e delle start-up in Italia, per far sì che queste neo-imprese entrino nel tessuto economico del nostro Paese, diventando protagoniste, ritagliandosi una parte importante dei mercati in cui operano e stringendo partnership con imprese italiane e internazionali». I settori digitali più interessanti a livello mondiale, sottolinea l’esperto, sono fin-tech, travel-tech, i servizi di cloud computing per le aziende, media e advertising online, nonché l’e-commerce. «Un’idea può funzionare se ha un modello di business originale e scalabile, che può essere replicato e applicato, con semplicità e successo, anche a livello europeo e internazionale», ricorda Gasperini. «Ci sono anche alcune start-up che operano a livello locale e che vanno a colmare un vuoto, un gap che gli operatori industriali non riescono a riempire o a cui non avevano pensato. Le cosiddette nicchie di mercato che grazie alle enormi potenzialità del digitale possono rivelarsi molto interessanti».

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