Nuvola.Corriere.it – 2 agosto 2015
http://nuvola.corriere.it/2015/08/02/lo-smart-manufacturing-che-rilancia-litalia-nel-mondo/
Lo Smart Manufacturing che rilancia l’Italia
La Competitività della Manifattura Passa dal Digitale.
La Quarta Rivoluzione Industriale è Oggi.
di Barbara D’Amico
L’hanno già definita la quarta rivoluzione industriale, ma quella dello smart manufacturing, secondo i ricercatori del Politecnico di Milano, è solo la naturale fase evolutiva della manifattura industriale. Uno stadio in cui app gestionali e tecnologie cloud stanno creando un nuovo modo di lavorare e produrre componenti e materiali, abbattendo costi e migliorando il risparmio energetico. Con il vantaggio di spianare la strada a figure professionali e di aumentare il grado di competitività delle imprese.
A confermarlo è un approfondito studio condotto dall’Osservatorio Manufacturing(www.osservatori.net) del Politecnico di Milano su oltre 135 applicazioni censite in ambito industriale manifatturiero in Italia e nel mondo. Cosa dicono i dati? In parte quello che sappiamo da sempre: investire in ricerca e sviluppo aiuta ad essere un passo avanti e a creare prodotti e servizi di alta qualità migliorando anche la qualità del lavoro. Un esempio d’Oltreoceano è la General Electric, il colosso energetico che investendo 1 miliardo di dollari nel 2011 per la costruzione di un software di business analytics (in grado di raccogliere i dati dai sensori e dai macchinari dell’azienda) ha stimato un risparmio di 30 miliardi di dollari nei prossimi anni sui costi di produzione grazie all’analisi dei consumi rilevati in modo così preciso come mai era stato possibile. Merito della cultura e della tecnologia digitali.
E in Italia? Il Paese è la seconda manifattura europea e l’indotto del settore vale il 20% del Pil nazionale. Una industria in fermento perché, come riporta lo studio, le innovazioni aumentano competitività ed efficienza delle imprese. Queste le aree in espansione: Cloud Manufacturing, Internet of Things, Big Data Analytics, Additive Manufacturing (stampa 3D), Wearable Devices e Advanced Automation (nella foto, l’infografica). Traduciamo le sigle: l’adozione di software gestionali per la raccolta e l’elaborazione dei dati relativi al lavoro dei macchinari è un vantaggio enorme per le grandi industrie. Così come i sistemi che permettono ai dipendenti di lavorare da remoto allo stesso progetto utilizzando una piattaforma virtuale. In questo modo, profilati, auto, componenti per l’edilizia e la medicina, ma anche elementi per il design e l’architettura possono essere realizzati con un grado di innovazione che fa bene non solo alle tasche delle imprese ma anche al mercato del lavoro. Ingegneri informatici, data scientists ed esperti di automazione e robotica sono tra le figure più ambite dalla manifattura industriale.
Ma anche le figure più classiche riescono a reinventarsi e a trovare nuove opportunità . Da poco Talent Garden, in collaborazione con il gruppo Auchan e gli esperti digitali di Opendot e Sharazad, ha aperto il primo concept store a Monza dedicato ai Makers, Makerland. L’iniziativa non è chiaramente legata allo smart manufacturing di scala industriale, perché specifico per l’artigianato digitale “classicoâ€, ma deriva comunque da un approccio nuovo alla manifattura che sposa le tecnologie di Internet. Un terreno ancora tutto da conquistare e ricco di occasioni. E’ il caso del team di cui fa parte Nicola Simion, giovane designer veneto con la passione per il coworking che insieme a sviluppatori e ingegneri informatici incontrati in un open space ha creato the wired ventureshttp://www.thewiredventures.com/, versione odierna del vecchio studio di graphic design e prototipazione artigianale. «In sostanza realizziamo prototipi virtuali di oggetti di design e non solo che ci vengono richiesti anche da industrie e grandi brand», spiega Simion dalla sua base di lavoro, Torino. «Sempre più grandi aziende vogliono innovare ma anziché partire subito con un prototipo in scala ci richiedono uno studio virtuale degli oggetti o componenti che poi andranno a produrre, per questo lavoriamo molto anche con la stampa in 3D e le opportunità di lavoro per me che nascevo come architetto stanno crescendo». Provare virtualmente dimensioni e resistenze, colori e comportamenti di un materiale costa molto meno a un committente rispetto alla realizzazione concreta di prototipi. E permette di inserire innovazioni che richiederebbero tempi molto più lunghi.
Eppure in Italia, nonostante il fermento, manca un piano nazionale sullo smart manufaturing.Oltreoceano si sono già mossi e nel 2012 negli Stati Uniti è nata laSmart Manufacturing Leadership Coalition (SMLC https://smartmanufacturingcoalition.org/), organizzazione privata no profit per favorire la collaborazione tra aziende, enti di ricerca, università e organizzazioni di produttori nella ricerca e nello sviluppo di standard, piattaforme e infrastrutture per l’adozione dello Smart Manufacturing. Il Regno Unito sta lavorando con l’iniziativa High value Manufacturing, all’interno del proprio programma nazionale. Da noi, sempre nel 2012, si è costituita un’associazione senza fini di lucro: il Cluster nazionale Fabbrica intelligente (http://www.fabbricaintelligente.it/).  L’obiettivo è  sviluppare e indirizzare la trasformazione dell’industria, coinvolgendo imprese, università , centri di ricerca e associazioni di varia natura. Questo consorzio ha definito una roadmap per l’Italia, e tra le direzioni tracciate prende in considerazione anche l’innovazione digitale. Ma l’iniziativa è del tutto privata e occorrerebbe, dicono i ricercatori e gli attori del settore, un quadro di riferimento più ampio.
«Lo Smart Manufacturing è la strada fondamentale per il rilancio dell’industria italiana – dice Alessandro Perego, Co-responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Manufacturing – perché consente di far lavorare in modo più intelligente e ‘connesso’ le risorse dei processi industriali, portando efficienza, velocità e flessibilità , elementi di cui le imprese manifatturiere hanno bisogno per recuperare competitività . A più alto livello, consente di innovare il modo di produrre ed anche i prodotti stessi. L’Italia deve comprendere a fondo questo paradigma per farne una freccia al proprio arco». Speriamo centri il bersaglio.