Bancaforte.it -Â 20 ottobre 2015
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Start-up, 8 proposte per Renzi
Il venture incubator milanese Digital Magics propone al Governo e all’industry digitale un Libro Bianco per lo sviluppo di un ecosistema delle imprese innovative. «Ma mancano giovani qualificati», ammonisce Enrico Gasperini, fondatore e presidente di Digital Magics …
di Mattia Schieppati
Dopo una prima grande vampata (che risale ormai, però, quasi a tre anni) l’interesse per il fenomeno delle start-up digitali sembra essersi perso un po’ nelle nebbie. Certo, passi avanti ne sono stati fatti (le leggi che accompagnano alla crescita questo tipo di impresa, come il Decreto Crescita 2.0), e si sono strutturati incubatori e acceleratori d’impresa dove le matricole del digitale possono trovare un ambiente protetto in cui crescere. Però qualcosa, anzi molto di più si può fare.
A dare uno stimolo positivo al Governo, e di conseguenza a tutto l’ecosistema imprenditoriale, perché l’attenzione e gli investimenti su questo fronte che produce innovazione e posti di lavoro (soprattutto per giovani) si traduca in ulteriori misure concrete, ci prova Digital Magics, il venture incubator quotato sul listino AIM di Piazza Affari. DM ha stilato un White Paper per le start-up presentato la scorsa settimana durante l’Internet Festival che si è svolto a Pisa: una proposta dettagliata e concreta, in otto punti, che suggerisce al Governo italiano una strada possibile per dare nuovo vigore al sistema dell’innovazione in Italia e per promuovere un’azione politica mirata a favore delle start-up digitali e delle loro potenzialità (qui puoi scaricare il Libro Bianco completo).
Non un libro dei sogni, ma una roadmap che nasce dall’esperienza: il portfolio di Digital Magics si compone infatti oggi di 48 partecipazioni in start-up digitali, di cui 26 risultano iscritte nel Registro delle start-up innovative (ovvero quelle che possono godere dei vantaggi del suddetto decreto). Inoltre, l’incubatore milanese sta chiudendo gli accordi per portare all’interno del proprio programma altre 4 start-up. In totale, dal 2004 a oggi Digital Magics ha investito 18,2 milioni di euro, a cui si sono affiancati investimenti per 7,8 milioni da parte di terzi, mentre il valore complessivo delle cessioni (exit) è stato di circa 5 milioni.
Gli 8 punti del Libro Bianco
Ma cosa serve quindi all’ecosistema delle start-up italiane per diventare un vero e proprio tessuto di imprese capaci di portare il proprio valore aggiunto a livello di Pil e di sistema-Paese? Ecco le 8 proposte del Libro bianco, 8 temi destinati ad aprire la discussione.
1. Agevolazioni fiscali per le start-up
Revisione del credito d’imposta Irpef dal 19% fino al 30-40% per investimenti in start-up innovative, applicando anche in Italia quanto previsto dal modello anglosassone; agevolazioni fiscali per i soggetti dell’imposta sul reddito delle società (Ires), estendendone la deducibilità al 30%.
2. Start-up: veicolo di open innovation per le Pmi
Introduzione di facilitazioni fiscali per Pmi per attività di open innovation (acquisto di prodotti/servizi da start-up innovative per l’innovazione interna dell’impresa) e rimozione di obblighi di spese amministrative da parte di nuove start-up.
3. Potenziamento del crowdfunding
Revisione del regolamento Consob sull’equity crowdfunding per: rivedere al rialzo le soglie di non applicazione degli obblighi relativi alla Direttiva MiFID; rimuovere il vincolo di sottoscrizione da parte delle banche del 5%; prevedere un modulo unico di profilazione MiFID.
4. Investimenti degli OICR in innovazione
Rimozione dei limiti normativi e previsione di incentivi per gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) e per le società di gestione del risparmio (Sgr) in investimenti diretti o indiretti in start-up.
5. Industria del risparmio e start-up
Creazione di fondi di tipo aperto per garantire la raccolta, tramite investimenti, di almeno 1 miliardo di euro derivanti dall’industria del risparmio verso le start-up.
6. Fondo di matching per seed capital
Creazione di un fondo di matching con Cassa Depositi e Prestiti, coinvolgendo player industriali italiani, investitori istituzionali e investitori qualificati che co-investano con il fondo in fase seed (fino a 1 milione di euro), con possibilità di effettuare operazioni successive fino a 1,5 milione di euro.
7. Spinta all’internazionalizzazione delle start-up italiane
Creazione di un Italian Founders Institute, con esperti internazionali, per la promozione attiva del Made in Italy attraverso programmi di accelerazione, e applicazione di agevolazioni per il rimpatrio di personale qualificato dall’estero, garantendo benefici sia ai lavoratori che alle imprese.
8. Finanziamento regionale
Armonizzazione delle regole di ingaggio dei fondi regionali al fine di garantire un approccio sistemico e nazionale di matching dei finanziamenti e possibilità semplificata di accesso agli stessi.
Enrico Gasperini di Digital Magics
Un supporto a tutta l’industry dell’innovazione
«Da sempre Digital Magics è impegnata, in allineamento con le istituzioni, nel sostenere il processo di crescita dell’Italia. Supportiamo con i nostri servizi di accelerazione e di trasformazione digitale le start-up innovative e le imprese italiane eccellenti che rappresentano il Digital Made in Italy», ha dichiarato Enrico Gasperini, Fondatore e Presidente di Digital Magics, presentando il documento. «Con questo White Paper vogliamo diventare i promotori di una nuova campagna di advocacy per portare al Governo Renzi proposte concrete per incentivare e sviluppare l’innovazione nel Paese. Ma soprattutto vogliamo offrire un supporto a tutta l’industry dell’innovazione, con l’intenzione di portare sui tavoli istituzionali e decisionali, proposte concrete per incentivare l’imprenditorialità innovativa nel Paese». Perché si tratta di una sfida di cui possono beneficiare tutti. Come si sottolinea infatti nel documento, «in un periodo di profonda crisi economica, il digitale si attesta come un settore in controtendenza e con un elevato potenziale di crescita. Sono circa 173.000 le aziende operanti sul suolo nazionale che rientrano nella definizione di nuove imprese digitali. Esse rappresentano un ambito di forte attrattività dal punto di vista professionale e produttivo, basti solo pensare che ogni lavoratore impegnato nel settore high tech genera 5 posti di lavoro in altri settori».
Difficoltà da superare
Nonostante il positivo trend di sviluppo delll’ecosistema digitale italiano, nelle sue premesse il documento sottolinea come permangano «alcune difficoltà che non favoriscono la crescita degli investimenti nelle giovani imprese innovative». Primo problema che deve affrontare l’Italia, è la scarsità di capitale di rischio, elemento che rappresenta la principale barriera allo sviluppo del settore. «Poniamo in evidenza due problematiche nella fattispecie», scrivono i relatori di Digital Magics: «Primo, il mancato coordinamento delle politiche regionali che rende scarsamente efficaci le azioni tese a finanziare la fase di avvio delle start-up basate su contributi a pioggia, spesso a fondo perduto; secondo, il profondo equity gap nelle fasi del ciclo di crescita successivo, seed, di venture capital. Nonostante l’Italia sia seconda solo al Regno Unito per percentuale di Pmi innovative, gli investimenti in venture capital rimangono decisamente inferiori rispetto ai propri “comparables†europei. L’Italia, infatti, investe nel settore del venture capital solo lo 0,002% del proprio Pil, rispetto a una media europea dello 0,024%».
Ma se quello della mancanza di risorse è un tema che, purtroppo, non riguarda solo questo fronte di sviluppo, più preoccupante è il secondo elemento che a parere degli esperti azzoppa lo sviluppo italiano: ovvero, la carenza di “capitale umano” qualificato. «Per il settore digital sono fondamentali competenze specifiche nell’ambito dell’ICT, soprattutto per quanto riguarda la programmazione», viene sottolineato. «In Italia, nonostante il numero di laureati in ingegneria sia di poco inferiore rispetto alla media europea (7,8% rispetto a 8,1%), si riscontrano particolari problematicità nel reperire risorse qualificate: un terzo delle assunzioni di programmatori è, infatti, classificato come difficoltoso. I laureati in ingegneria hanno minore difficoltà rispetto ad altri a colmare lo skill gap in tema di programmazione, tuttavia mancano di competenze specifiche. Esiste inoltre un tema culturale di avversione al rischioda parte dei giovani ad unirsi a una start-up e/o a lanciarne una, come riportato dallo Standard Eurobarometer Ue dell’autunno 2013: nonostante il 50% degli Europei prenda in considerazione la possibilità di iniziare una propria attività , solo il 5,8% opta per percorrere tale strada». Forza, ragazzi, prima di chiedere soldi al venture capital di turno, mettetevi a studiare…